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Donna Lavoratrice e Minori

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Articolo 37 • La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che
spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale
funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. La Repubblica tutela il lavoro dei
minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.

Donna lavoratrice

L’articolo 37 della Costituzione garantisce alla donna lavoratrice condizioni di parità nella
partecipazione alla vita economica del Paese, ma tiene anche conto della sua «essenziale funzione
familiare», che va salvaguardata. La tutela della maternità e dell’infanzia rappresenta, quindi, un
valore prioritario nella scala dei principi costituzionali, le leggi in vigore sanciscono il divieto di
licenziamento della donna in determinate situazioni:
a seguito al matrimonio
durante il periodo di gravidanza e puerperio.
Alla donna lavoratrice sono riconosciuti una serie di diritti:
• aspettativa
• riposo
• assenze retribuite.
Alcuni di questi diritti sono stati progressivamente estesi anche al lavoratore padre e a situazioni
familiari non basate sul vincolo matrimoniale.
Le donne in passato hanno percepito retribuzioni inferiori a quelle dei loro colleghi uomini, anche a
parità di mansioni , la realizzazione pratica del principio di parità è stata ottenuta dopo anni di dure
lotte a difesa dei diritti sanciti costituzionalmente.
Solo nel 1977 è stata emanata la legge sulla «parità del trattamento tra uomini e donne in materia di
lavoro», che esclude ogni discriminazione nei confronti delle donne riguardo :
l’accesso al lavoro
il trattamento retributivo,
le attribuzioni di qualifica.
Successivamente la materia è stata oggetto di numerosi interventi legislativi, oggi confluiti nel
Codice delle pari opportunità tra uomo e donna.
In particolare il Codice, all’articolo 27, afferma esplicitamente che: «è vietata qualsiasi
discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro, indipendentemente dalle
modalità di assunzione e qualunque sia il settore o ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia
professionale» .
Tra le numerose altre regole contenute nel Codice si segnalano in particolare:
• la parità di retribuzione, già espressamente prevista dalla Costituzione;
• la parità di trattamento nella prestazione lavorativa e nella carriera,
ciò significa che l’attribuzione delle mansioni, delle qualifiche, e la progressione nella carriera devono
svolgersi senza alcuna discriminazione.
Alla donna lavoratrice, subordinata e parasubordinata, e riconosciuto il congedo di maternita , cio
l’astensione obbligatoria dal lavoro della lavoratrice durante la gravidanza e nel periodo
immediatamente successivo al parto, durante il quale la stessa percepisce un’indennità economica in
sostituzione della retribuzione.

La sospensione dell’attività lavorativa riguarda i 2 mesi precedenti la data presunta del parto e i
3 mesi successivi, oltre che, in caso di parto avvenuto dopo la data presunta, nei giorni compresi tra
la data presunta e quella effettiva. Ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità, il
Testo Unico prevede che le lavoratrici abbiano la possibilità di astenersi dal lavoro a partire dal mese
precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto. Nel caso in cui la futura
mamma opti per questa seconda opzione, l’unica condizione richiesta è che il medico specialista del
Servizio sanitario nazionale (o con esso convenzionato) e il medico competente ai fini della
prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro, attestino che tale opzione non pregiudichi la
salute della gestante e del nascituro.
Nei casi di parto anticipato rispetto alla data presunta (parto prematuro o precoce), ai tre mesi dopo il
parto si aggiungono i giorni non goduti prima del parto, anche nell’ipotesi che la somma dei 3 mesi
dopo il parto stesso e dei giorni compresi tra la data effettiva del parto e quella presunta, superi il
limite complessivo di cinque mesi. Per ciò che riguarda invece il parto gemellare, la durata del
congedo di maternità non varia. Non solo, in caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o
privata, la madre ha il diritto di chiedere la sospensione del congedo di maternità e di fruire
dell’astensione, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino .
Viene poi risconosciuta l’astensione obbligatoria anche alle lavoratrici dipendenti o iscritte alla
gestione separata INPS in caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza
successiva al 180° giorno dall’inizio della gestazione, nonché in caso di decesso del bambino alla
nascita o durante il congedo di maternità. In queste circostanze, tuttavia, è riconosciuta alla
lavoratrice la facoltà di rinunciare alla fruizione dell’astensione obbligatoria e riprendere in
qualunque momento l’attività lavorativa.
In ultimo, la durata dell’astensione obbligatoria può essere prorogata fino a 7 mesi dopo il parto
quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della lavoratrice
o quando la stessa sia adibita a lavori pericolosi o faticosi, e non possa essere destinata ad altre
mansioni.
È bene ricordare che le medesime tutele in tema di occupazione, retribuzione e maternità
sono sancite anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Lavoro minorile

Nella seconda parte dell’articolo 37 i costituenti hanno previsto particolari garanzie a tutela del
lavoro minorile, attribuendogli una tutela «speciale» rispetto alla generale tutela dei lavoratori.
Sono state previsti limiti all’impiego della manodopera minorile
• è vietato adibire i minori allo svolgimento di lavori pericolosi, faticosi e insalubri, sono
prescritti controlli medici preventivi e periodici per salvaguardarne l’integrità psicofisica e
accertarne l’idoneità a svolgere i compiti loro affidati.
• l’età minima per l’ammissione al lavoro è quella posseduta dal minore nel momento in cui
conclude l’istruzione obbligatoria, dopo avere assolto 10 anni di obbligo scolastico, dunque
16 anni, con l’eccezione dei 15enni che possono stipulare un certo tipo di contratto di
apprendistato;
• ai minori viene garantita, a parità di lavoro, la medesima retribuzione spettante agli adulti,
per evitare forme di sfruttamento giustificando le con una presunta produttività inferiore.

• Norme particolari disciplinano il lavoro dei minori nelle trasmissioni televisive e, in
generale, nelle manifestazioni artistiche.
• Il lavoro notturno, di norma è vietato per i minori. La Cassazione ha stabilito un periodo di
riposo protetto di almeno 12 ore tra le 22 e le 6 o tra le 23 e le 7 indipendentemente dalle
ore lavorate durante il giorno. Eccezionalmente i minori con almeno 16 anni di età: possono
essere impiegati in lavori notturni ma solo per il tempo strettamente necessario e per cause
di forza maggiore che possano compromettere il funzionamento dell’azienda, a patto che:
− non ci siano dei lavoratori adulti disponibili a svolgere quell’attività in quell’orario;
− vengano concessi al minore dei periodi di riposo compensativo entro 3 settimane.
Il datore di lavoro è tenuto in questi casi a darne immediata comunicazione all’Ispettorato
territoriale del lavoro.