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Contratto a Tempo Indeterminato a Tutele Crescenti

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Il Contratto a Tempo Indeterminato a Tutele Crescenti

Il contratto a tutele crescenti è la nuova forma di contratto a tempo indeterminato che il Governo ha deciso di introdurre con la Riforma del Lavoro cd. Jobs Act di Matteo Renzi, a partire dalle assunzioni del 7 marzo 2015.

La riforma oltre che a concentrarsi sull’eliminazione di più di 40 forma contrattuali come i famosi cocopro, che hanno dato vita all’intenso precariato in Italia, ha introdotto anche la possibilità di avere il TFR in busta paga per i lavoratori che lo richiedono.

Alla luce di queste importanti novità andiamo cos’è e come funziona il contratto a tutele crescenti a tempo indeterminato per i lavoratori e le aziende e come è cambiato il mondo del lavoro in Italia?

Il contratto con tutele crescenti ha eliminato per i nuovi assunti l’articolo 18 ma garantisce ancora a tutti i lavoratori le ferie, le malattie e l’accesso all’indennità di disoccupazione. Contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti 2018 come funziona da parte del lavoratore: questo nuovo contratto di lavoro unico, è riservato solo ai lavoratori neoassunti contrattualizzati a seguito della Riforma del Lavoro Jobs Act. Tale contratto, sostituisce quindi tutte le forme di contratto di lavoro attualmente vigenti, per cui un’azienda che vuole assumere deve farlo utilizzando o il contratto a tutele crescenti oppure a tempo determinato o con il nuovo apprendistato. In questa prospettiva, i lavoratori saranno quindi solo dipendenti, a tempo indeterminato o a tempo determinato, apprendisti, somministrati, cococo oppure, autonomi con partita IVA che svolgeranno la propria attività autonomamente.

Ciò consente di aumentare l’occupazione, garantire livelli minimi salariali a tutti i lavoratori, regolarizzare il versamento dei contributi previdenziali obbligatori, eliminare contratti subordinati con finte partite IVA, contratti atipici, cocopro e cococo che hanno portato all’incessante e demoralizzante precarietà del lavoro in Italia.

In questo modo, tutti i lavoratori avranno garantiti tutti gli stessi diritti previsti dalla legge, quali ad esempio la maternità, le ferie e la malattia, gli ammortizzatori sociali in caso di licenziamento o cessazione attività, diritti oggi salvaguardati solo per alcune categorie di lavoratori.

Tutto molto bello si potrebbe dire ma che prezzo ha una simile Riforma del Lavoro per i giovani? Il prezzo da pagare è l’abolizione dell’Articolo 18 solo per i neoassunti, infatti, per circa 6 milioni di dipendenti italiani, la tutela rimarrà forte e garantita mentre per tutti gli altri si avrà solo ad un certo punto dell’attività lavorativa, da decidere ancora se dopo 3 anni o crescente a 6, 12 o 15 anni in funzione degli anni di servizio o dell’età del lavoratore.

Ciò significa che durante questo periodo, il giovane contrattualizzato con questo tipo di contratto, può essere licenziato liberamente dall’azienda a patto però che non lo faccia per motivi discriminatori di fede religiosa, razziale o politica, perché in questo caso il lavoratore avrebbe diritto al reintegro sul posto di lavoro con la tutela dall’articolo 18.

Il licenziamento senza motivo del dipendente con contratto a tutele crescenti, è quindi possibile dietro il pagamento da parte dell’azienda di un’indennità crescente in funzione agli anni di servizio, che dovrebbe essere da 1 a 3 stipendi per ogni anno di lavoro oltre al riconoscimento da parte dello Stato della Naspi disoccupazione ordinaria Inps.